Imparare senza confini
C’era una volta una piccola scuola di campagna, circondata da colline e prati. In quella scuola, gli studenti passavano gran parte del tempo a rincorrere voti, ansiosi di superare test, migliorare la media e cercare riconoscimenti.
Tra loro c’era Marta, una ragazzina vivace, ma etichettata da un “bisogno educativo speciale”. Gli insegnanti, benintenzionati, avevano pianificato un percorso rigido e dettagliato per lei, con tabelle e obiettivi da raggiungere.
In quella piccola scuola di campagna, infatti, la pianificazione didattica seguiva uno schema rigido e meticoloso, quasi asettico. Gli insegnanti avevano liste di obiettivi, schede di valutazione dettagliate e percorsi personalizzati per ogni studente. Ma quei percorsi non lasciavano spazio alla creatività, né alla spontaneità. Gli studenti, come piccoli ingranaggi di una macchina, seguivano lezioni standardizzate e venivano misurati costantemente: chi raggiungeva il punteggio giusto veniva premiato, chi falliva riceveva una nuova etichetta, un’altra tabella da seguire.
Per Marta, con il suo “bisogno educativo speciale”, la pianificazione era ancora più soffocante. Tutto era calcolato: minuti di concentrazione, esercizi di recupero, pause imposte. Non c’era spazio per sbagliare, riflettere, o perdersi nei propri pensieri. Ogni attività sembrava finalizzata a un ottenere un punteggio, una valutazione, un’etichetta che misurasse il valore dello studente. L’asetticità di quella pianificazione era perversa perché, sotto la superficie di buone intenzioni, dimenticava il cuore profondo dell’apprendimento: l’emozione, la curiosità, la meraviglia.
Un giorno, durante una lezione all’aperto, la maestra decise di abbandonare il programma per un momento. Chiese agli studenti di costruire qualcosa con i materiali che trovavano in natura. Marta, senza dover seguire istruzioni o regole precise, iniziò a raccogliere rami, sassi e fiori, creando un piccolo villaggio immaginario. Gli altri studenti la seguirono, abbandonando per un po’ la competizione sui voti.
Quel giorno non ci furono esami, solo creatività e condivisione. Eppure, la maestra si rese conto di quanto Marta e i suoi compagni avessero imparato, grazie alla libertà di esplorare e imparare a modo loro.
“Allora imparano anche senza tutti i nostri progetti!” pensò la maestra, anche senza voti o piani asettici, ma grazie alla scoperta, all’esperienza e all’essere davvero se stessi.
Quel giorno, quando la maestra decise di rompere lo schema, permettendo ai bambini di costruire con la natura, la freddezza di quelle tabelle svanì. Marta e i suoi compagni, liberi dai vincoli delle griglie di valutazione, si misero a creare, immaginare, giocare. In quel momento, l’apprendimento smise di essere il risultato di una pianificazione, ma tornò a essere qualcosa di vivo, spontaneo, genuino.